Guardo il ragazzino che si è seduto accanto a me e mi sento un po’ confusa: sono convinta di averlo già intervistato.
Lui ammicca e, come se non fosse la prima volta, dice: ≤ siamo gemelli. ≥
Gli sorrido porgendogli la tastiera del computer e lui sicuro scrive il suo nome e cognome.
Si chiama Makar, ha tredici anni e frequenta la classe terza media. La sua materia preferita è l’educazione fisica e ha un’idea ben precisa della professione che vuole intraprendere da adulto: lui vuole diventare un business man, vuole creare qualcosa di suo.
Racconta che la situazione a casa era diventata davvero pericolosa e che provava molta paura quando sentiva le esplosioni nei dintorni. Nonostante la grande paura è stato difficile ed emotivamente intenso fuggire via da tutto ciò che fino a quel momento era la sua vita.
Entra a fatica nei dettagli, spiegando che è fuggito in auto con la madre e il fratello gemello; Makar si fa cupo, inizia a piangere e cerca di nasconderlo in ogni modo.
Muove la gamba nervosamente, si strofina le mani, guarda i suoi amici in fondo alla stanza: cerca in ogni modo di isolarsi dalla mia presenza.
Vorrebbe tornare il prima possibile in Ucraina, ritrovare i suoi amici, le sue abitudini.
≤Cosa ti piacerebbe fare, mentre sei qui in Italia? ≥
≤Giocare a calcio! ≥
Interviste di Emanuela Guerra
Foto di Roberto Pisconti