Kateryna è una ragazza acqua e sapone di ventuno anni, alta, bella e a modo.
Entriamo subito in sintonia e mi racconta che frequenta l’Università, facoltà di Economia, e allo stesso tempo lavora in banca. Mi complimento con lei, perché per essere così giovane è sicuramente una donna intraprendente. Lei sorride, apprezza il complimento.
Quando le chiedo come è avvenuta la dinamica della fuga e cosa l’ha spinta a fuggire via velocemente, lei mi guarda un po’ sorpresa e si irrigidisce.
≤Ma che domande sono? È ovvio: la paura!!≥ risponde, freddandomi.
Rimango di stucco e inizio a vergognarmi.
≤Hai ragione, ma io non lo so cosa significhi provare quella paura, mi aiuti a capire? ≥, le spiego con umiltà.
Kateryna allora racconta che tutti lì hanno avuto paura: paura dei missili, delle bombe, di quello che sarebbe potuto succedere rimanendo lì, ma anche di ciò che avrebbero dovuto affrontare scappando via. L’ha aiutata il fratello, che lavora alla Maschio-Gaspardo Ukraine, a fuggire via e insieme a sua cognata sono giunte in Italia.
Quasi tutti i suoi amici e conoscenti ormai sono fuggiti, ma purtroppo qualcuno è ancora lì. Spera e desidera che tutti possano rincontrarsi di nuovo in Ucraina, una volta che questa guerra sarà terminata.
Tutti i suoi amici sparsi per l’Europa sono molto tristi, tutti vorrebbero rientrare a casa immediatamente.
Attualmente sta studiando la lingua italiana, ma l’unico scenario che vede possibile e accettabile è quello di rientrare a casa.
Interviste di Emanuela Guerra
Foto di Roberto Pisconti